Scuole di Quartiere: una ricchezza da salvare

È notizia di questi giorni che probabilmente per il prossimo anno scolastico non ci sarà una classe prima elementare (o più correttamente “primaria”) alla scuola Primaria Toti (scuola di Lisanza). Per l’anno scolastico in corso non è invece partita alla scuola primaria Matteotti (scuola dei Mulini).

Questo è purtroppo un fenomeno in corso un po’ dappertutto: complici il calo demografico, i tagli alle risorse e i vincoli “minimi” stabiliti per legge per avviare una classe votati all’efficienza, il rischio che classi troppo poco numerose non vengano “avviate” è sempre più frequente.
Eppure, è questo il caso di Sesto Calende?

In realtà no: nelle nostre scuole non mancherebbero i numeri minimi se ci fosse una miglior distribuzione dell’utenza. Infatti, contemporaneamente vediamo che la scuola primaria Ungaretti, quella del centro, da anni “soffre” per classi troppo numerose e per il prossimo anno ci saranno due classi prime nella scuola paritaria. Si è quindi venuta a creare questa situazione per cui da una parte abbiamo classi di 13 alunni (il numero minimo per far partire una classe) e dall’altra classi con 28-30 alunni, quando si potrebbe raggiungere un giusto equilibrio con classi da 20 bambini.

La questione deve essere quindi affrontata con serietà e obiettivo comune dell’amministrazione e della scuola deve essere quello di salvare le scuole “periferiche” per il benessere anche delle scuole “centrali” oltre che naturalmente valorizzare la scuola pubblica nel pieno rispetto della libertà di scelta educativa.

Perché salvare le scuole di quartiere?

Le scuole di quartiere sono una risorsa importantissima per la comunità, per diverse ragioni:

  1. Consentono una distribuzione più equa delle classi, con grandi benefici per la didattica per tutte le scuole: classi troppo numerose, nelle quali si concentra la maggior parte dell’utenza, sono più difficili da seguire sia dal punto di vista disciplinare, sia per la qualità dell’insegnamento. Riuscite a immaginare di dover gestire una classe con 30 bambini di 6 anni? I bambini così diventano numeri, è più difficile creare una relazione “personale” più mirata all’esigenze di apprendimento dei bambini, con il rischio che i bambini sviluppino “avversione” per la scuola.
  2. Offrono un luogo e un’occasione di aggregazione per la comunità di quartiere: non solo per i bimbi che hanno così modo di conoscere e incontrare i loro vicini di casa, coi quali possono instaurare occasioni di incontro anche al di fuori dell’orario scolastico dando vita al quartiere stesso, ma anche per le loro famiglie che possono così conoscersi e “supportarsi” a vicenda.
  3. Per la mobilità: scuole di quartiere possono ridurre tantissimo gli spostamenti verso il centro, con benefiche ripercussioni sul traffico e sulla qualità, già compromessa, dell’aria di Sesto Calende.

Queste sono le prime 3 motivazioni che mi vengono in mente: sono certa che a rifletterci se ne potrebbero trovare tante altre altrettanto valide e probabilmente chi sta leggendo avrebbe già da aggiungerne.

Cosa fare per salvare le scuole di quartiere?

Innanzitutto, bisognerebbe interrogarsi e razionalizzare le motivazioni per cui le famiglie non iscrivono i propri figli nelle scuole di quartiere. L’ideale sarebbe fare un bel sondaggio, per raccogliere anche motivazioni meno evidenti, ma che comunque pesano nelle scelte.

Una volta comprese le ragioni, senza pregiudizi o pretese che le persone debbano agire diversamente, è necessario mettere in campo delle azioni che smorzino le ragioni del rifiuto.

Parto dalle riflessioni che abbiamo fatto in famiglia quando abbiamo dovuto scegliere la scuola per i nostri figli per provare a individuare le ragioni principali. La scelta in realtà si basa poi su una combinazione di tutte le motivazioni, a ciascuna delle quali poi ogni famiglia può dare priorità diverse.

L’offerta didattica

E’ un fattore fondamentale. Senza una differenziazione dell’offerta, gli altri fattori diventano preponderanti, mentre questo potrebbe essere un fattore primario di scelta perché ha a che fare con le scelte educative delle famiglie e quindi con motivazioni “profonde”. Rientrano in questo ambito, per esempio, possibili sperimentazioni (es. la scuola senza zaino) o la presenza di progetti o percorsi focalizzati su alcune aree o discipline (es. le lingue, la tecnologia, l’espressività, lo sport…) che per alcune famiglie possono essere prioritarie sul piano educative. Premesso che deve essere garantito a tutte le scuole uno standard elevato di qualità, si tratta di “differenziarle” dando più o meno rilievo a delle peculiarità, rendendo ogni scuola unica (naturalmente sarebbero da indagare con le famiglie quali sono gli aspetti che reputano più “rilevanti” nella scelta, esattamente come la scelta di appoggiarsi ad una scuola paritaria dovrebbe dipendere da scelte educative e non dalla disponibilità di servizi).

I servizi

Nella scuola la presenza e la garanzia di presenza di servizi extrascolastici come un pre e un doposcuola di qualità ad un costo ragionevole, che possano impegnare il bambino in attività interessanti e coinvolgenti, è un aspetto determinante nella scelta.
Inutile dire che la famiglia deve farsi carico dell’educazione dei propri figli e deve essere presente, fare gli struzzi dicendo che non c’è richiesta perché non si raccolgono adesioni. È un dato di fatto che sempre più spesso entrambi i genitori lavorano e spesso i nonni non sono ancora andati in pensione: la realtà per cui questo servizio a Sesto Calende non decolla è che le modalità di accesso e adesione proposte probabilmente non sono adeguate, non che il servizio non interessa.
Quindi obiettivo primario è garantire il servizio e forse si potrebbe dare la priorità alle scuole di quartiere favorendo il decentramento dell’utenza.

Logistica

Per alcuni la vicinanza della scuola a casa, alla casa dei nonni, al luogo di lavoro può pesare nella scelta come la possibilità di appoggiarsi ad un servizio di trasporto con orari “compatibili” ai propri ritmi di vita. Tuttavia, lo scuolabus potrebbe non essere l’unico mezzo di trasporto “pubblico”: l’organizzazione di pedibus di quartiere potrebbe arricchire la possibilità di collegamento casa/scuola. Oltre ad essere una modalità molto sana (favorendo il movimento e riducendo il traffico), ben si presta come soluzione proprio per gli spostamenti su tratti brevi, come appunto nei quartieri.

Gli ambienti scolastici

La questione dello stato degli edifici delle scuole è ormai annosa e riguarda in realtà tutte le scuole pubbliche. Le scuole di quartiere sono generalmente più piccole e forse proprio perché fruite da un’utenza minore spesso vengono trascurate o comunque trattate con minor priorità. Comprensibile, ma forse strategicamente alla luce delle priorità per cui si sta discutendo “l’importanza delle scuole di quartiere” sarebbe da rivedere.

Mancanza di risorse o di progettualità?

Viene addotta la mancanza di risorse per intervenire, ma la realtà è che manca la progettualità: ogni anno escono infatti bandi e finanziamenti ai quali si potrebbe attingere, ma certo non è possibile partecipare preparando dei progetti complessi in fretta e furia. Pertanto, è doveroso definire cosa si vuole fate, quali sono gli obiettivi per le scuole e al momento giusto partecipare al bando che può soddisfare l’esigenza.

Infine, proprio collegata alla questione delle risorse che sembra sempre così prioritaria, aggiungo che ci sono tante risorse che non vengono prese in considerazione, ma che tanto potrebbero offrire con l’obiettivo di salvare le scuole di quartiere. Oltre alle famiglie stesse che hanno certamente interesse a garantire innanzitutto il meglio per i propri figli, penso anche ai vari comitati di quartiere che in questi anni già tanto hanno fatto per le “loro” scuole finanziando progetti, acquistando materiali, mettendo a disposizione tempo e capacità dei loro membri.
Aprire o riaprire un dialogo con loro allo scopo di collaborare per l’obiettivo comune può essere un fattore importante per il successo di questa strategia.